“Ho deciso di seguire le orme di Cristo, il mio Salvatore; Signore, dona la Tua benedizione e aiutami...Vengo” Statuto del Monastero di Marta e Maria
“Certo, io non sono degna della gioia immensa che il Signore mi dà, di andare per la Sua via, ma ci proverò e Lui, che solo è Amore, perdonerà i miei errori, poiché Egli vede come voglio servirLo...” Granduchessa Elisabetta
Quando l'amore di Dio raggiunge l'uomo, tutto rivive. Come una nuvola leggera, l'amore porta l'anima alla fonte eterna di amore, riempiendola di luce perpetua.
Come il sole riscalda i fiori ed essi sono attratti da esso, così l'anima, innamorandosi di Dio, è instancabilmente attratta da Lui.
Trovandosi nella luce, essa stessa diventa portatrice di luce.
Per questa persona non c'è più differenza tra estranei e parenti: l'esistenza di tutti diventa la sua stessa esistenza.
La via dell'amore di Cristo è la via della croce, tuttavia quando la grazia rafforza l'anima, l'uomo
non sente le difficoltà del cammino, si rallegra di poter servire Dio e il prossimo.
L'impervio cammino terreno,
Non v'è altra via,
Quando si porta il proprio cuore
Alle porte del Paradiso
(Arcivescovo Giovanni Shakhovskoy)
Le nuvole sopraggiungono e poi si diradano. Ma l'uomo è solo davanti a Dio. Il raggio della serena eternità illumina il cammino. L'anima in Dio, come un uccello nell'aria, è avvolta da Lui da tutti i lati.
Dio si prende cura di ogni anima, la chiama amorevolmente, la sopporta, l’attende, senza forzare l'uomo, rispettando la sua libertà. E l'uomo sceglie la propria via: di amare la luce, o le tenebre più della luce (cfr Giovanni 3,19).
Il percorso della nostra Patrona, la Santa Martire Granduchessa Elisabetta, è simile ad un raggio di sole, un raggio di bontà e di misericordia che riscalda tutto ciò che lo circonda.
Nata col nome di Ella (futura Granduchessa Elisabetta Fyodorovna) nella famiglia del duca di Gessen-Darmstadt Ludovico IV e della principessa Alice, figlia della regina d'Inghilterra.
I bambini furono educati non solo ad un senso della musica, dell'arte, ma anche all'amore al lavoro, alla semplicità, alla compassione per gli altri. Insieme alla madre erano soliti visitare ospedali, ospizi, portando fiori e conversando con i malati. Sulla giovane Ella ebbe una grande influenza la vita di un'antenata della loro casa, Santa Elisabetta di Turingia, che dedicò se stessa alle opere di misericordia.
Fin dalla prima infanzia, la futura Granduchessa amava la natura, i fiori, sopratutto bianchi, facendo degli splendidi disegni.
Della Granduchessa Elisabetta un giorno si sarebbe detto che aveva sempre uno splendido profumo di giglio. Del resto il colore bianco è stato il riflesso del suo cuore. Ancora molto giovane, incontrò il suo futuro marito, il Gran Principe russo Serghei Alexandrovich.
Tutta la famiglia ducale accompagnò la Granduchessa Elisabetta in Russia per il suo matrimonio, per il quale ella portò non solo regali di grande valore, ma anche qualcosa che non ha prezzo: un cuore pieno di amore e di compassione.
“Anelando al Cielo, la compassionevole Granduchessa trovò nella nuova patria perle dell’Ortodossia”. (Acatisto alla Santa Martire Granduchessa Elisabetta)
Anche in terra russa il cuore compassionevole della principessa non poteva restare indifferente alla sofferenza umana. Così cominciò ad aiutare i malati, i sofferenti, i più svantaggiati. Nel nome del duca faceva il giro delle case, aiutando i bisognosi. Nelle città visitava gli ospedali, gli ospizi, le carceri, cercando ovunque di alleviare le sofferenze e di infondere speranza.
“La compassione rende bianco come la neve il mondo intero.
La compassione si accompagna con la tenerezza…”
Il Granduca, uomo di animo nobile e profondamente religioso, comprendeva e sosteneva Elisabetta Fyodorovna. Sull'esempio del marito, ella frequentava le funzioni religiose ortodosse, sebbene fosse luterana. Il suo cuore sensibile poteva sperimentare la bellezza e la profondità misteriosa della Divina Liturgia, cosi che la sua anima cominciava a conoscere la fede ortodossa.
Dopo aver pregato in Terra Santa, la Granduchessa prese una ferma decisione di cui scrisse a suo padre: "Ho maturato un chiaro convincimento e sento che questa è la religione più alta, e faccio ciò con la profonda convinzione e fiducia che in questo risiede la benedizione di Dio".
Un cuore coraggioso vede la Provvidenza Divina anche durante la tempesta. La vita del Granduca si era tragicamente conclusa. Ma, avendo perso lo sposo terreno, la Granduchessa Elisabetta acquistava quello Celeste: decise così di dedicare tutta se stessa al servizio di Dio e del prossimo.
"Lascio un mondo splendido, in cui ho avuto una posizione splendida, ma adesso mi dirigo verso un mondo più ben grande, il mondo dei poveri e dei sofferenti. Nei momenti difficili, si vede più chiaramente l'aiuto di Dio". (Granduchessa Elisabetta)
La Granduchessa trovò conforto e forza presso le reliquie di Sant'Alessio Moscovita il Taumaturgo, fu lui ad infondere nella sua anima addolorata il desiderio di fondare una Casa della Misericordia.
Fu così che nacque a Mosca una casa meravigliosa. Persino dall'esterno era magnifica, come tutto ciò veniva toccato dalla mano della Granduchessa Elisabetta.
Lo scopo principale della casa era quello di ridare slancio al ministero attivo dell'amore di Cristo.
La parola "casa" esprime l'idea principale: ognuno dovrebbe fare del proprio cuore la casa, la sede di questo amore, aprendolo ad accogliere la Misericordia di Cristo.
Le sorelle erano chiamate ad unire la sorte di Maria, che ascoltava le parole di vita eterna, e la via di Marta, cioè il servizio Dio nel prossimo. Come Maria, illuminate dalla parola di Dio, raggiungevano la gente con la preghiera e il conforto, e come Marta servivano Cristo dando ospitalità agli stranieri e cura ai malati.
La casa aiutava i poveri, e la Granduchessa prestava un particolare attenzione al mercato Khitrov (mercato di Mosca, NdR). Ella faceva il giro dei dormitori, prendeva con sé i bambini abbandonati. Non si lasciava spaventare dalle imprecazioni, dalla sporcizia, dall’aspetto di gente che sembrava aver perso le sembianze umane.
“La somiglianza di Dio può talora essere offuscata, ma mai può essere distrutta”, diceva.
La madre compassionevole di compiere chissà quale opera straordinaria: il fondamento
spirituale delle opere di misericordia compiute dal monastero era piuttosto la gratitudine
al Signore che permetteva di servirLo nel volto del prossimo.
“Se solo il cuore non inneggiasse a cose terrene,
ma portasse nelle mani di Dio ogni attimo,
attorno a Lui tutto diventerebbe bianco
dei fiori della benevolenza”.
(Arcivescovo Giovanni Schakovskoy)
"Nella mia vita tantogrande è stata la gioia, quanto sconfinata è stata la consolazione nella sofferenza, così desidero ardentemente donare agli altri una parte di questa consolazione". (Granduchessa Elisabetta)
Il monastero viene chiamato il Paradiso in terra. E’ grande il mistero dell'obbedienza. Nella casa di Marta e Maria si seguiva lo statuto di una comunità monastica. Lo stile di vita improntato allo statuto insegna l'umiltà, la pazienza, l'obbedienza, liberando da personali sofisticherie intellettuali e unendo le sorelle in una sola famiglia. La Grande Madre consolava e incoraggiava le sorelle al lavoro su stessi e sugli altri, in tutto dava l'esempio, con una forza d'animo sorprendente.
In ospedale, era lei che prendeva su di sé il lavoro più delicato. Si diceva che dalla Madre provenisse una forza guaritrice.
A seguire la vita spirituale delle monache del monastero vi era il confessore arciprete Mitrofane Serebryansky, pastore coraggioso.
Alle suore veniva insegnato che il loro compito non si limitava alle cure mediche, ma anche alla guida spirituale delle persone abbandonate, smarrite e disperate.
Quando anche per un attimo si posa nell'anima una scintilla di Dio, lasciando respirare il profumo del Paradiso, essa infonde all'uomo coraggio in questa vita terrena, lo consola e gli dona la speranza nell'ora della morte.
"Abbiamo bisogno di elevarci dalla terra tormentata dal dolore al Paradiso e rallegrarci con gli Angeli anche di una sola anima salvata, di un solo bicchiere di acqua fresca dato nel nome di Signore".
Presso il monastero vi erano un ospedale, una farmacia, una casa per ragazze orfane, la scuola domenicale, la biblioteca, una mensa gratuita per i poveri. Vi erano delle chiese in attività: la Chiesa della Protezione della Santa Madre di Dio e quella dell'ospedale, in onore di Marta e Maria Portatrici di doni.
La Granduchessa sperava che il monastero di Marta e Maria fiorisse e diventasse un grande albero fecondo, e sarebbe piaciuto vedere tali monasteri anche in altre città.
“Sembrava che stesse in piedi su una scogliera alta e incrollabile, e da lì guardasse senza timore alle onde che si avvicinavano a lei, rivolgendo il proprio sguardo spirituale agli orizzonti eterni”. (Metropolita Anastasio)
Noi siamo pellegrini e stranieri sulla terra. Questo mondo visibile non è che il luogo del nostro triste esilio.
Per tutti arriva il momento in cui bisogna tornare a casa, alla Patria Celeste.
I Santi di Dio attendono la morte come la gioia più grande. Per loro, la fine della vita sulla terra è un incontro con il Creatore, a cui l'anima ha continuamente anelato.
L'uomo che si consacra a Dio ha fede nel fatto che il Signore provvede a lui interamente. Confidando nella Provvidenza salvifica di Dio, sopporta qualsiasi dolore e afflizione.
"Lo sguardo del Signore è sopra di me. Di chi avrò paura?"
La Granduchessa affrontò con coraggio e serenità le sommosse che iniziavano in Russia.
Come in precedenza, aiutava la gente, visitava i feriti, prendeva parte all'organizzazione degli aiuti al fronte. In lei non vi era neanche l'ombra di un risentimento.
"Il popolo è come un bambino, non è colpevole di ciò che sta accadendo", diceva con dolcezza. "Non è forse questo il bambino malato, che noi amiamo cento volte di più che durante la sua malattia, rispetto a quando è allegro e sano? Vorrei sopportare le sue sofferenze, per insegnargli la sopportazione ed aiutarlo...".
Amando il popolo russo con tutto il cuore, decise di condividere le sue sofferenze fino alla fine, rifiutandosi di lasciare la Russia. Profeticamente scrisse che le porte degli inferi non prevarranno contro la Chiesa Ortodossa, che la nostra Patrona, la Santissima Madre di Dio, avrebbe implorato il suo Divino Figlio che la Chiesa potesse sopravvivere, passando attraverso tutte quelle prove.
"Se prendiamo coscienza del grande sacrificio di Dio Padre, che ha mandato il Suo Figlio a morire e risorgere per noi, allora sentiremo la presenza dello Spirito Santo, che illumina il nostro cammino. E allora la nostra gioia diventerà eterna" (Granduchessa Elisabetta)
La Provvidenza di Dio è incredibile. Quando l'anima si rafforza e acquisisce la capacità di andare laddove c'è da soffrire, allora cominciano le prove.
Il Signore conduce l'uomo a quella croce che la sua anima è in grado di sopportare, lo porta ai confini oltre i quali vi è l'eternità.
Stretta e aspra è la via che conduce all'immortalità, alla santità, alla vittoria sulla morte. Nell'aprile 1918, nel terzo giorno di Pasqua, Elisabetta Fyodorovna fu arrestata e portata via da Mosca. In quel giorno, Sua Santità il Patriarca Tichon celebrava la Divina Liturgia e il Moleben (atto liturgico di supplica e di lode) al Monastero di Marta e Maria: fu quella una grande benedizione e un augurio per la Granduchessa, prima del via della croce sul Golgota.
"Signore, dona la Tua benedizione, che la Resurrezione di Cristo conforti e doni forza a tutte voi...siate unite come un'anima sola, tutte per Dio, e dite, come San Giovanni Crisostomo, "Grazie a Dio per tutto", così la Grande Madre ammoniva le sorelle sulla via per l'esilio." Sul finestrino del treno si susseguivano gli alberi, le nuvole ondeggiavano basse, fondendosi in un tutt'uno...
Questa è la fine del tragitto. "Figlio mio, dammi il tuo cuore..."
In una notte profonda di luglio, nel giorno del ritrovamento delle reliquie di San Sergio di Radonez, la Granduchessa assieme alla monaca Barbara e ad altri prigionieri fu gettata in una miniera.
Si dice che dalle profondità si levò il Canto dei Cherubini. Schiere di angeli la accolsero nelle distese invisibili agli sguardi terreni, dove nulla può più privare l'anima della gioia eterna.
“Tutto è tenuto insieme da questa garanzia terrena:
la notte oltre la bestia, la distesa oltre l'uccello bianco;
Ma chi troverà riparo nel candore,
Chi potrà difendere l’angelo?
Nessuno al mondo è più indifeso di loro
Nessuno più impercettibile in questo freddo mondo
Davanti ad essi bisogna accendere le lampade.
A loro bisogna inneggiare col più forte suono della lira”.
Un giorno, durante un viaggio in Terra Santa, visitando il tempio di S. Maria Maddalena, costruito ai piedi del Monte degli Ulivi, la Granduchessa disse: “Come vorrei essere sepolta qui".
E' sorprendente come Dio ascolti ogni parola. Le reliquie della badessa del monastero di Marta e Maria e della fedele monaca Barbara furono trasportate a Gerusalemme e collocate nella tomba della Chiesa di Santa Maria Maddalena pari agli Apostoli. Quando aprirono la bara contenente il corpo della Granduchessa, la stanza si riempì di profumo. Secondo l'arcivescovo Antonio, si sentiva un "forte odore come di miele e gelsomino".
“Rallegrati..., glorificata dagli
imperscrutabili destini divini.
Rallegrati, abitatrice
della Gerusalemme Celeste;
Rallegrati, guida di tutti noi
alla Gerusalemme celeste”.
(Dall'Acatisto alla Martire Santa Granduchessa Elisabetta)