Prendere il nostro dono della vita e usarlo con saggezza

19. maggio 2022

Prendere il nostro dono della vita e usarlo con saggezza

La domenica del Paralitico ci manda un messaggio potente. Per quanto tempo continuerò a sdraiarmi alla piscina di Bethesda, aspettando che qualcuno mi metta lì? Per quanto ancora riposerò le mie speranze negli altri o cercherò miracoli, quando Cristo è così vicino e non si stanca mai di aspettare finché non deciderò di essere guarito. Molte persone, forse, potrebbero dire la stessa cosa di se stesse.

Spesso riponiamo le nostre speranze negli altri. Ci aspettiamo che qualcun altro ci aiuti, chieda o preghi per noi, o venga a chiarire i nostri dubbi. Desideriamo miracoli ma dimentichiamo che Cristo è vicino e pronto a dirci "Alzati, prendi la tua stuoia e cammina!"

Per volontà di Dio abbiamo fondato questo monastero per i pazienti dell'ospedale psichiatrico oltre la nostra recinzione. Si trovano più o meno nella stessa situazione del proverbiale paralitico. Per molti la vita è un tormento; piangono perché la trovano insopportabile. Alcuni non vogliono vivere. Non hanno conosciuto Cristo, non Lo hanno incontrato, né Lo hanno lasciato entrare nelle loro vite. Un rapporto con Cristo è davvero una questione di vita o di morte per tutti noi.

Dio ci ha dato il dono della vita e la libertà di usarla. Oggi commemoriamo i Santi Boris e Gleb. Furono glorificati come portatori di passione perché si rifiutarono di entrare in guerra con il loro fratello maggiore e morirono per sua mano. Rimasero con Cristo fino alla fine del loro tempo. Immaginate l'entità di questa loro azione. Erano irreprensibili e avevano paura. Erano giovani e pieni di vita. Ma non volevano iniziare una guerra fratricida e accettarono la morte da un assassino.

In questi luminosi giorni pasquali proclamiamo il trionfo della vita sulla morte; dichiariamo che la morte è finzione: nessuno muore - Cristo è risorto, e così anche noi. Ma nel nostro profondo, la morte è ancora in agguato; la nostra morte è il nostro peccato originale che distorce la nostra natura umana. L'abbiamo ereditata dai nostri antenati, ma non possiamo negare la nostra complicità. Non possiamo dire che sia stato il peccato di Adamo ed Eva, non il nostro. Questo perché non abbiamo smesso di peccare e il peccato fa ancora parte della nostra vita. Ci rendiamo conto che dobbiamo opporci al peccato, ma è diventata un'abitudine, quindi facciamo invece compromessi e cerchiamo giustificazioni. Cristo è venuto in questo mondo per liberarci dalla morte e darci la vita eterna. Non c'è niente di più importante che prenderlo.

Dobbiamo fare tutto il necessario per rimanere con Cristo. Non si nasconderà da noi, né ci abbandonerà. Ma a volte ci nascondiamo e Lo evitiamo noi, e quando lo facciamo, commettiamo molti torti, e questa è la nostra più grande tragedia. Perché invece non mettiamo la nostra vita nelle Sue mani?

Arciprete Andrea Lemeshonok

Omelia della Liturgia domenicale del 15.05.2022

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